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Sara Fantini

Le tre fiere

Il Libro

Nel romanzo Le tre fiere di Sara Fantini tra incontri improbabili resi possibili, vecchi nemici e nuovi amici, Cappuccetto/Rose si trova ad affrontare questioni cruciali e interrogativi fondanti. Dove sta la verità? Chi sono davvero i buoni e i cattivi? E, ancora: che senso hanno le parole guerra e pace, amicizia, amore, tradimento?

L’Autrice

Sara Fantini (n. 1993, Castel San Pietro Terme) sta per laurearsi in Lettere moderne presso l’ateneo di Bologna con una tesi sulla fiaba e il favoloso in Calvino.
Ha esordito nel mondo letterario nel maggio del 2010, iniziando da subito ad ottenere riconoscimenti nazionali e internazionali.
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Prefazione

Attingendo dall’immaginario collettivo occidentale della fiaba, dall’epos classico, dal fantastico horror, Le tre fiere si sviluppa in un clima fantasy, come “un vorticoso turbinio di eventi che cattura l’attenzione del lettore, lo immerge in una lettura avvincente, lo porta in un labirinto di emozioni, disseminato d’inquietudini, paure, angosce, ma pure momenti di leggerezza e bagliori di speranza”.

Brani dal romanzo

Dicono che le storie migliori siano le più imprevedibili, quelle che da premesse inesistenti arrivano a risultati per niente ovvi. Queste narrazioni non sono altro che apparizioni di vecchi fantasmi, quelle che nessuno vorrebbe vivere sulla propria pelle, ma che non vorrebbe mai gli fossero celate. Quei racconti ai quali non si crederebbe mai, eppure sono talmente veritieri da presentarsi di persona, fuori dall’uscio di casa, in una di quelle sere tempestose della nostra vita.

Come all’inizio c’era, anche alla fine c’è: Cappuccetto Rosso.
Potete immaginarla in un qualsiasi punto cronologico della linea del tempo e in un qualsiasi spazio: un bosco, forse, in un qualche luogo del mondo… Ma immaginatevi: Cappuccetto Rosso.
«Ultimamente, Cappuccetto, stai facendo un po’ troppe torte di mele» le disse la mamma.
«Ah sì? Mi appassiona così tanto la cucina che non devo essermene accorta.»
«Sono quasi arrivata a pensare che tu stia mettendo su un commercio illecito di dolci.»
“Ancora con questa storia,” pensò Cappuccetto Rosso.
«Mamma, per un commercio di dolci queste torte non basterebbero, e lo sai che il lavoro non fa per me…»

Rose lo squadrò. Era a dir poco bizzarro: la chioma bionda tenuta selvaggia era alternata a rade treccioline, labbra sottili e occhi azzurri contrastavano la bellissima lancia dorata dalla testa di bronzo che teneva nella mano destra. Ai piedi portava dei calzari marrone e al petto un corpetto di duro cuoio nero, con finiture in argento. Ma da dov’era spuntato fuori uno così? Cosa le aveva portato il cielo?
«Piacere. Io sono il tuo condottiero, la tua protezione, la tua guida, il tuo protettore, la tua…»
«Quindi, chi saresti tu?»

Io ero il semidio, il vincitore della guerra di Troia.»
«Lo sei anche adesso. Tu sei ancora Achille. Solo un po’ diverso. Tutto qui. Ma non c’è nulla di male nel cambiare vita, come nel cambiare prospettiva.»
Achille scosse la testa. «Non è stato un cambio di prospettiva voluto.»
«E pensi che il mio sia stato voluto? Pensi che io sia contenta di questa guerra? No. Ma non posso fare altro che difendere me stessa e gli uomini. Certe cose non le possiamo scegliere, altre dobbiamo sceglierle.»

Lui era l’ultimo esempio di un traguardo non raggiunto, di un ideale fallito, la risultanza di ciò che non ha funzionato, una torta bruciata o mal cotta. Lui era lì, per lei. Ma solo perché doveva, solamente perché forse quelle brevi e sporadiche missioni gli ricordavano le grandi imprese eroiche del passato, in cui era lui il personaggio principale delle storie. Come il punto fisso che ha scoperto di essere laterale e il pianeta che gira intorno a una stella.

A Rose quella notte non portò nessun buon consiglio, solo strani e cupi presentimenti. Sogni confusi di lupi, di lotte e di fughe. Ciò che più la turbava era non sentirsi pronta. Per cosa? Per nulla. Per la guerra, per vincere e avere ragione o per perdere e avere torto. Pronta per essere amata o per odiare, per impegnarsi in una nuova vita o per andare avanti in questa. Pronta per essere se stessa. E quale se stessa poi? Farne una nuova o continuare a essere quella vecchia, perché di vecchia si parla. Una ragazza poco più che maggiorenne ma col cuore di una vecchia, che non si cura dei suoi calzini perché prima deve curarsi del viso, della faccia. Della facciata. E superato questo stadio d’indecisione, quale opzione avrebbe realizzato e portato avanti? Le scelte di odiare, amare o di chi essere erano le meno importanti, ma la scelta di chi non avrebbe più voluto essere… Era una scelta.

Era un uomo sulla trentina, occhi e pelle scura. Niente di particolare, se non che sfoggiava sul braccio destro un tatuaggio con un grosso drago che gli prendeva tutta la pelle. Rose gli aveva chiesto un sacco di volte quale significato avesse quell’animale mitologico e ogni volta Double lo cambiava a seconda del suo sentire o di come si percepisse lui quel giorno. A volte era “coraggio”, quando si sentiva solo, oppure “rabbia”, quando era esasperato. Come un animale multiforme, era lui a cambiare indole ed entusiasmi. Un salvacondotto sulla vita, quando eventualmente gli fosse scappata dalle mani. Quel drago era il suo appiglio, e lui vi si aggrappava spesso. Che banale ed egoista amore per se stesso.

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